Tecniche di Fonochirurgia
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Introduzione
La fonochirurgia consiste in un insieme di procedure chirurgiche che hanno lo scopo di migliorare la voce.
Le tre principali tecniche fonochirurgiche che attualmente vengono impiegate sono: la micro-fonochirurgia (con strumentazione “fredda” o con laser CO2) la fonochirurgia della struttura laringea (laringoplastica per via esterna), la fonochirurgia fibroendoscopica. La micro-fonochirurgia viene eseguita sempre in anestesia generale, mentre le altre due procedure vengono di norma eseguite in anestesia locale.
Il ricorso alla fonochirurgia è generalmente riservato ai casi che non hanno tratto sufficiente miglioramento con la terapia medica e/o logopedica e il fonochirurgo deve conoscere tutte queste procedure al fine di offrire al paziente la soluzione chirurgica più adatta a trattare il problema di voce. In alcuni casi, infatti, potrebbe essere necessario ricorrere ad un intervento “combinato”, con l’associazione della fonochirurgia fibroendoscopica e della fonochirurgia della struttura laringea (in particolare nel trattamento degli esiti di cordectomia totale) (Ricci Maccarini et Al., 2005). Indispensabili per la buona riuscita dell’intervento di fonochirurgia sono il corretto inquadramento diagnostico clinico-strumentale e (con l’eccezione dei cantanti lirici) (Fussi, 2009), la terapia logopedica pre e post-operatoria.
Nei pazienti disfonici “comuni” l’obbiettivo principale della fonochirurgia è la riduzione della fatica fonatoria, mentre nei professionisti della voce artistica assume uguale importanza il miglioramento della qualità della voce; piccole lesioni delle corde vocali come noduli o edemi fusiformi possono compromettere significativamente le prestazioni vocali artistiche e richiedere il ricorso alla fonochirurgia, mentre in questi casi i non professionisti della voce sono maggiormente disponibili ad attendere i risultati della terapia medica, della terapia logopedica e del riposo vocale. D’altro canto, nei professionisti della voce artistica bisogna a volte astenersi dall’asportare completamente lesioni cordali congenite o acquisite benigne ( vergeture, edema di Reinke …) se queste ultime conferiscono alla voce caratteristiche timbriche peculiari dell’artista per cui la “normalizzazione” delle corde vocali sarebbe un grave danno (Fussi, 2003).
Descriveremo sinteticamente lo strumentario, le procedure, le indicazioni e i risultati che si possono ottenere con le tre tecniche fonochirurgiche nelle patologie laringee in cui maggiormente viene richiesto il ricorso alla fonochirurgia.
Micro-fonochirurgia
Questa tecnica fonochirurgica può essere eseguita con strumentazione cosiddetta “fredda” o con laser CO2. L’anestesia generale viene effettuata mediante intubazione oro-tracheale.
Per esporre il piano glottico viene utilizzato un laringoscopio operativo, che permette la visione diretta delle corde vocali mediante il microscopio operatorio. Il laringoscopio viene introdotto nella bocca del paziente, che è sdraiato in posizione supina con il capo lievemente iperesteso e viene fissato all’apparato per laringosospensione sec. Kleinsasser (1968); quest’ultimo è costituito da un’asta che viene appoggiata su un supporto regolabile ancorato al letto operatorio. Il microscopio operatorio viene collocato dietro la testa del paziente.
Il set di microstrumenti indispensabili è costituito da:
– micropinze “coccodrillo” rivolte a destra e a sinistra;
– micropinze “a cuore” o “triangolari” di Bouchayer rivolte a destra e a sinistra;
– microforbici rivolte a destra, a sinistra, e verso l’alto di 45°;
– microbisturi lanceolato di Bouchayer;
– microscollatori di Bouchayer rivolti a destra e a sinistra;
– microaspiratore, con valvola di sfiato prossimale;
– aghi endoscopici per iniezione intracordale di fluidi o di grasso autologo.
Nella micro-fonochirurgia con laser CO2 vengono utilizzati laringoscopi che non differiscono per forma e dimensioni da quelli utilizzati nella micro-fonochirurgia “fredda” se non per il colore scuro e opaco, che impedisce la riflessione del raggio laser, e per la presenza di un canale aspirafumo. Infatti, durante la chirurgia laser la vaporizzazione dei tessuti provoca la liberazione di fumo, che essendo più pesante dell’aria, tende a rimanere nel lume del laringoscopio se non viene opportunamente aspirato, con conseguente dispersione del raggio laser e riduzione della visione del campo operatorio. Per le neoformazioni laringee voluminose , dove è necessaria un’ampia esposizione del campo operatorio, possono essere utilizzati specifici laringoscopi costituiti da due valve con apertura distale (a compasso) e prossimale (in parallelo). Pur tenendo presente che molti chirurghi utilizzano una strumentazione tradizionale, in commercio esistono microstrumenti opportunamente dedicati alla microchirurgia laser, con la stessa forma e dimensione di quelli utilizzati nella micro-chirurgia con strumentazione “fredda”, ma opportunamente bruniti, per impedire la riflessione del raggio ed eventualmente provvisti di un canale di aspirazione. Tutte queste precauzioni devono essere attentamente osservate per evitare i rischi di complicanze (drammatiche) quali l’incendio del tubo anestesiologico e l’ustione dell’albero respiratorio. Quando si utilizza il laser CO2 si può parlare di vera “fonochirurgia” solo se viene utilizzato il software “acublade” che permette un taglio preciso con minima carbonizzazione, comparabile con il taglio ottenibile con la strumentazione “fredda”.Vediamo quindi l’applicazione delle tecniche di micro-fonochirurgia nelle varie patologie organiche delle corde vocali.
LESIONI CONGENITE DELLE CORDE VOCALI
Il trattamento fonochirurgico delle lesioni cordali congenite viene proposto quando la terapia logopedica non riesce ad ottenere un soddisfacente miglioramento della qualità della voce e soprattutto una sufficiente riduzione della fatica fonatoria. In questi pazienti la fonochirurgia è in grado di ottenere nella maggior parte dei casi una marcata riduzione della fatica fonatoria, in particolare riducendo l’insufficienza glottica e migliorando l’ondulazione della mucosa cordale, ma in molti casi non è in grado di ottenere un apprezzabile miglioramento della qualità della voce. Ciò è causato dal fatto che i pazienti con lesioni cordali congenite sono abituati a parlare con quel tipo di voce fin dalla nascita, per cui anche dopo l’intervento chirurgico “imitano” il timbro e la tonalità della voce che hanno utilizzato per tanti anni. A tale riguardo la terapia logopedica assume un ruolo di fondamentale importanza, sia nella fase pre-operatoria, in cui si cerca di eliminare le tensioni muscolari ed in particolare l’ipercinesia sopraglottica pseudo-compensatoria, migliorando la competenza glottica, sia nella fase post-operatoria, in cui l’obiettivo è il ripristino di una buona ondulazione della mucosa cordale e l’ottenimento di una fase di chiusura glottica completa.Le tecniche fonochirurgiche che vengono impiegate nel trattamento delle lesioni cordali congenite prevedono, a seconda dei casi, l’utilizzo della micro-fonochirurgia in anestesia generale secondo Bouchayer (1993) o la fonochirurgia fibroendoscopica in anestesia locale.
Nel trattamento fonochirurgico della cisti epidermoide (fig.1), la tecnica prevede l’asportazione della lesione, situata solitamente nello strato superficiale della lamina propria (o spazio di Reinke), ma a volte anche nello strato intermedio e/o profondo, conservando l’epitelio cordale superficiale.
L’intervento viene eseguito in microlaringoscopia in anestesia generale e prevede le seguenti fasi, codificate da Bouchayer (1992) (fig.2):
– cordotomia laterale alla lesione (circa 2-3 mm.) mediante microbisturi lanceolato;
– scollamento della cisti dal legamento vocale e dall’epitelio superficiale mediante uno scollatore smusso, mentre una pinza coccodrillo afferra il bordo di incisione dell’epitelio; a differenza della cisti mucosa da ritenzione (acquisita), solitamente aderente all’epitelio cordale, la cisti epidermoide è aderente al legamento vocale e non di rado è indovata nel contesto del legamento; – riaccostamento dei margini di incisione mediante colla di fibrina diluita.
Nel caso la cisti presenti un’apertura (fig.1), quest’ultima viene recintata ed asportata in blocco con la cisti. Il sulcus (fig. 3a) viene considerato come l’evoluzione di una cisti epidermoide, apertasi nei primi mesi o nei primi anni di vita, per cui l’accrescimento della corda vocale porta all’allungamento dell’apertura ed allo svuotamento del contenuto della cisti. Se il sulcus è situato nello spazio di Reinke senza aderire al legamento vocale (sulcus superficiale) (fig.4) l’ondulazione della mucosa non è significativamente compromessa e la fonochirurgia non è generalmente indicata. Tale lesione è stata classificata da Ford (1999) come sulcus cordale di tipo I. Il trattamento chirurgico è di solito riservato al sulcus profondo (tipo II) (fig. 4b) in cui il fondo del “sacco” aderisce al legamento vocale.
Il sulcus viene trattato come una cisti epidermoide aperta. Si esegue una doppia cordotomia (fig. 3b) laterale e mediale all’apertura del sulcus e si procede con lo scollamento e l’asportazione del sacco intracordale in monoblocco con i margini della sua apertura sull’epitelio di rivestimento. Il ponte mucoso (fig. 5a) è un doppio sulcus, creato da una doppia apertura di una cisti epidermoide, che isola una striscia di epitelio cordale. Tale lesione provoca una notevole compromissione dell’ondulazione della mucosa, per cui è frequentemente indicato il ricorso alla fonochirurgia (Ricci Maccarini et Al, 1997).
La tecnica chirurgica (fig. 5b) è simile a quella impiegata nel sulcus, in quanto consiste nell’asportazione del sacco della cisti aperta in monoblocco con i margini dell’apertura nell’epitelio superficiale, che in questo caso è doppia. Se il ponte mucoso è “stretto”, esso viene sezionato nei punti di attacco anteriore e posteriore e viene poi asportato. In caso di ponte mucoso “largo”, esso non deve essere asportato interamente, poiché si lascerebbe un’ampia zona di legamento vocale scoperto, con possibile formazione di una cicatrice iatrogena. In questi casi bisogna cercare di sezionare il ponte in senso longitudinale, asportando la sua faccia profonda, costituita da parete della cisti aperta, conservando la sua faccia superficiale, costituita da epitelio cordale. Tale manovra è alquanto delicata e viene realizzata mediante un microbisturi lanceolato. L’evoluzione di una cisti epidermoide verso la creazione di un sulcus o di un ponte mucoso porta ad un peggioramento della voce e ad una maggiore difficoltà tecnica dell’intervento di fonochirurgia. Di questo fatto bisogna tenere conto quando viene diagnosticata la presenza di una cisti cordale congenita in un bambino, che provochi una disfonia di tipo grave (G3) o anche moderato (G2) (Arias et Al, 2005). In ogni caso l’asportazione di una lesione cordale congenita deve essere effettuata non prima degli 11 anni di età, quando il legamento vocale completa la sua formazione, iniziata all’età di 4 anni, (Hirano, Sato, 1993). In caso di cisti bilaterale che causi una disfonia grave, la lesione più voluminosa può essere asportata anche all’età di 9 anni. Il trattamento della vergeture (fig. 6) viene effettuato con tecniche fonochirurgiche diverse a seconda della severità della lesione.
Possiamo avere infatti una lieve solcatura della mucosa, senza aderenza dell’epitelio al legamento vocale (vergeture superficiale) (fig. 6a). In questi casi, che Ford (1999) ha classificato come solcatura cordale di tipo I, non c’è solitamente indicazione alla fonochirurgia, in quanto l’ondulazione della mucosa non è significativamente compromessa. Progredendo nei gradi di severità della vergeture, possiamo trovare (fig.7) una ampia zona di mucosa sottile ed atrofica, con assenza dello spazio di Reinke (strato superficiale della lamina propria) ed aderenza dell’epitelio al legamento vocale (costituito dagli strati intermedio e profondo della lamina propria); il legamento vocale ed il muscolo vocale sono più o meno ipotrofici; la corda vocale è assottigliata ed inarcata (vergeture profonda, moderata, tipo II).
Nelle forme bilaterali la fase di chiusura glottica durante la vibrazione fonatoria è caratteristicamente fusiforme, con arresto dell’onda mucosa a livello della lesione.
La presenza di un ispessimento del legamento vocale a livello del bordo inferiore della vergeture profonda e il riscontro di pazienti che presentano una vergeture profonda in una corda e un sulcus profondo nella corda controlaterale ci ha fatto supporre che la vergeture potrebbe essere stata creata dalla “amputazione” (per ischemia) della parte inferiore di un sulcus (Ricci Maccarini et Al, 2009). Nella vergeture profonda è indicata la fonochirurgia.
A seconda della gravità dell’aderenza e dell’ipotrofia, eseguiamo una idrodissezione dell’aderenza tra epitelio superficiale e legamento vocale (fig. 8) mediante iniezione di idrocortisone e/o di acido ialuronico nello spazio di Reinke ed un aumento volumetrico della corda vocale mediante iniezione di grasso autologo nel muscolo vocale (Ricci Maccarini et Al, 2005); il grasso viene prelevato mediante liposuzione dal sottocute della regione periombelicale inferiore; a tale scopo viene utilizzato un ago di 14 Gauge di calibro e di 8 cm. di lunghezza, collegato ad una siringa da 10 cc autobloccante. Venti minuti prima del prelievo si infiltra il sottocute con una soluzione di adrenalina e lidocaina. Il grasso viene iniettato nel muscolo vocale, in una quantità doppia rispetto a quella necessaria per risolvere l’ipotrofia cordale, in quanto bisogna prevedere il riassorbimento di parte del grasso iniettato entro i primi 3-4 mesi dall’intervento. Per cercare di ridurre il riassorbimento, il grasso viene precedentemente centrifugato per 3 minuti a 3000 giri,così da separare il tessuto adiposo dal siero e dalle emazie (Coleman,1997); inoltre bisogna sempre evitare il contatto tra il tessuto adiposo e l’aria al fine di prevenire l’ossidazione del grasso: a tale scopo la siringa contenente il grasso prelevato viene inserita direttamente nella centrifuga e successivamente il tessuto adiposo concentrato viene travasato nella siringa di una “pistola” per iniezione intracordale ad alta pressione mediante un raccordo a tre vie. La pistola ad alta pressione viene connessa ad un ago per iniezione intracordale di grasso (fig. 9).
Nei soggetti molto magri al posto del grasso iniettiamo collagene eterologo (Remacle et Al, 1990) o omologo al di sotto del legamento vocale, mediante l’apposito ago endoscopico (fig. 9).
Il grasso autologo ha tuttavia un grosso vantaggio nei confronti degli altri materiali riassorbibili in quanto possiede cellule staminali che rendono l’impianto vitale e maggiormente durevole nel tempo. Tale intervento può essere eseguito, oltre che in microlaringoscopia diretta in anestesia generale, anche in fibroendoscopia in anestesia locale, come descritto più avanti.
Se questo tipo di intervento non è sufficiente per scollare l’epitelio aderente, impieghiamo la tecnica della “liberazione della mucosa” secondo Bouchayer (1992). Essa prevede (fig.10):
– infiltrazione di vasocostrittore: anche se Marc Bouchayer sconsiglia ogni infiltrazione della corda vocale prima della cordotomia per non alterare i piani anatomici, noi la riteniamo utile sia per ridurre il sanguinamento durante la cordotomia, sia per mettere in evidenza le zone di aderenza dell’epitelio al legamento vocale (o al muscolo vocale se il legamento vocale è assente); si utilizza una soluzione di adrenalina 1/50.000, iniettata mediante un ago molto sottile nello spazio di Reinke, ai fini di un’emostasi e di un’idrodissezione dello strato superficiale della lamina propria e nel muscolo vocale, con effetto di vasocostrizione.
– cordotomia mediante microbisturi lanceolato lateralmente alla lesione (circa 2 mm.)
-scollamento dell’epitelio aderente al legamento vocale mediante microscollatore smusso o (non di rado) mediante microbisturi o microforbici. La “liberazione della mucosa” deve proseguire fino al bordo inferiore della vergeture, costituito dallo “scalino” tra il legamento vocale normale ed il legamento ipotrofico.Terminato lo scollamento dell’epitelio cordale si applica colla di fibrina diluita o acido ialuronico, con lo scopo di favorire il riaccostamento dei margini di incisione dell’epitelio e di creare uno strato di separazione tra epitelio e legamento vocale, al fine di prevenire la formazione di aderenze cicatriziali. In caso di vergeture bilaterale viene scollata la lesione che crea maggiori ostacoli alla vibrazione cordale, rimandando l’intervento sulla corda controlaterale di almeno sei mesi, per facilitare la ripresa fonatoria post-operatoria. Si esegue infine un’iniezione intracordale bilaterale di grasso autologo, per ridurre l’insufficienza glottica.
La vergeture profonda severa (tipo III) (fig.9) è caratterizzata da una tenace aderenza dell’epitelio al legamento vocale, che è deiscente o assente; il muscolo vocale è atrofico.
In questi casi trova specifica indicazione la tecnica di Bouchayer associata all’iniezione intracordale di grasso. Si applica uno spesso strato di colla di fibrina sotto l’epitelio scollato, per creare uno strato di separazione con il muscolo vocale, essendo il legamento vocale deiscente o assente. La ripresa della fonazione dopo questi interventi di fonochirurgia è quasi sempre difficoltosa, per la frequente comparsa di una afonia da “conversione”, che ostacola l’impostazione di un corretto “schema fonatorio”. La terapia logopedica, in particolare con la tecnica della “manipolazione laringea” (Ricci Maccarini et Al, 2006, 2009) è di fondamentale importanza per superare questo momento critico nell’iter terapeutico di questi pazienti. Nella vergeture profonda, specie se severa, la vibrazione di tipo marginale crea una voce di tonalità acuta ed in registro di falsetto. Nei bambini in età di muta vocale (specie nei maschi), tale situazione anatomica favorisce l’instaurarsi di una “muta in falsetto”; questo fatto va tenuto in considerazione nell’indicazione alla fonochirurgia.Infine descriviamo il trattamento chirurgico del microdiaframma della commessura glottica anteriore. Si tratta di una sottile membrana che può essere facilmente resecata mediante microforbici o microbisturi; l’incisione deve essere laterale al fine di cercare di evitare la recidiva della lesione. L’utilizzo del laser CO2 con acu-blade rappresenta un’ulteriore garanzia contro la recidiva del microdiaframma. Nei diaframmi commessurali di grandi dimensioni si applica, similmente al trattamento delle sinechie glottiche iatrogene, un batuffolo di cotone imbevuto di Mitomicina-C alla concentrazione di 2 mg/ml, che viene lasciato a contatto con la zona cruentata per 10 minuti. Bisogna ricercare sempre la presenza di questa lesione congenita in caso di noduli cordali la cui genesi è favorita dalla presenza del microdiaframma (Bouchayer e Cornut, 1992); tale lesione determina infatti una fase di chiusura incompleta nel terzo anteriore della glottide, causando un pre-contatto tra terzo anteriore e terzo medio , dove appunto si formano i noduli corsali. Ogni volta che noi operiamo un nodulo, un polipo o altre lesioni acquisite benigne delle corde vocali, dobbiamo sempre ricercare l’eventuale presenza di una lesione congenita associata, nella stessa corda o nella corda controlaterale (cisti epidermoide, sulcus, ponte mucoso, vergeture).
Se non trattiamo anche la lesione congenita “intracordale” la lesione acquisita “extracordale” può recidivare con maggiore probabilità.
LESIONI ACQUISITE BENIGNE DELLE CORDE VOCALI
Il trattamento delle lesioni acquisite benigne delle corde vocali rappresenta un’indicazione elettiva per la micro-fonochirurgia con strumentazione “fredda”(Casolino e Ricci Maccarini, 1997). Molte di queste lesioni possono tuttavia essere efficacemente trattate anche con micro-fonochirurgia con laser CO2 (Peretti et Al, 1997) e con la tecnica fibroendoscopica (Diaz et Al, 1999, De Rossi et Al. ,2009). I noduli e i polipi cordali vengono afferrati con una pinza a cuore e trazionati medialmente. Si evidenzia in questo modo la base di impianto: se la neoformazione è piccola può essere asportata mediante microforbici con un unico taglio, ma se la lesione è voluminosa e/o se la base di impianto è larga, conviene procedere con più sezioni (fig. 12), dalla faccia superiore a quella inferiore, evitando in ogni caso manovre di strappamento, che possono produrre linee di sezione non corrette. I polipi molto voluminosi devono essere trattati con la tecnica utilizzata nell’edema di Reinke (vedi più avanti), al fine di evitare di lasciare un’ampia zona di legamento vocale scoperta, situazione che può causare la formazione di una cicatrice iatrogena. Nell’asportazione di lesioni del bordo libero delle corde vocali bisogna sempre rispettare i principi canonici della microchirurgia laringea:
– non ledere il legamento vocale
– non asportare l’epitelio in prossimità della commessura glottica anteriore (per evitare la
formazione di una sinechia)
– cercare (quando possibile) di lasciare epitelizzato il bordo libero della corda vocale.
- I noduli cordali si asportano contemporaneamente così come le eventuali lesioni occulte rilevate all’esplorazione cordale, come ad esempio un microdiaframma della commessura glottica anteriore. A tale riguardo è importante sottolineare che la possibile presenza di lesioni cordali “occulte” ed il loro eventuale trattamento contemporaneo alle lesioni manifeste, devono essere segnalati nel consenso informato pre-operatorio.Viene raccomandato il riposo vocale post-operatorio per una settimana, evitando i colpi di tosse, il raschio, gli sforzi muscolari, per il pericolo di rotture capillari. In alcuni casi di polipo cordale è utile un trattamento logopedico post-operatorio, mentre in tutti i casi di noduli cordali è indispensabile la rieducazione logopedica sia pre che post-operatoria. Il trattamento chirurgico più diffuso dell’ edema di Reinke è ancora (purtroppo) lo “stripping” o “decorticazione” della corda vocale, ma questa metodica non ha in sé le caratteristiche che deve possedere quella che si può definire come “chirurgia funzionale delle corde vocali”, in quanto non di rado porta alla formazione di cicatrici cordali iatrogene, allunga i tempi della guarigione anatomica e ritarda il recupero fonatorio. La tecnica più funzionale e quindi da preferire è la cosiddetta “sucking technique”, proposta inizialmente da Hirano (1988) e perfezionata da Bouchayer (1992), con il “lifting della mucosa cordale”. Quest’ultima è la tecnica che noi adottiamo e consiste nei seguenti tempi chirurgici:
– si afferra il bordo libero della corda vocale con una micropinza triangolare o “coccodrillo” e si procede alla cordotomia mediante un microbisturi lanceolato; l’incisione dell’epitelio cordale viene eseguita in prossimità del ventricolo laringeo e si estende per tutta la lunghezza della corda, dall’estremità anteriore dell’apofisi vocale fino a giungere in prossimità della commessura glottica anteriore, da cui in ogni caso bisogna tenersi a debita distanza ( 3 mm., per evitare la formazione di sinechia della commessura). Attraverso la breccia operatoria viene rimosso il mixedema contenuto nello spazio di Reinke mediante un microaspiratore con suzione a bassa intensità. Eventuali residui possono essere distaccati mediante uno scollatore smusso o un piccolo batuffolo di cotone montato su una pinza “coccodrillo”, con un’azione di “spremitura” del gel mucoso (fig. 21). Nei casi di edema di Reinke inveterato e di consistenza particolarmente solida, bisogna porre molta attenzione nell’asportazione del mixedema, in quanto la degenerazione pseudo-mixomatosa può interessare, oltre lo strato superficiale della lamina propria (spazio di Reinke), anche lo strato intermedio e (raramente) profondo. Questi ultimi compongono il legamento vocale, per cui la loro asportazione anche parziale provoca un grave danno alla funzione vibratoria della corda vocale. A questo punto con le microforbici si procede alla resezione dell’epitelio in eccesso e infine si riaccollano i due margini di incisione dell’epitelio, utilizzando colla di fibrina diluita.
Le corde vocali possono essere trattate contemporaneamente (contrariamente alla tecnica dello “stripping”), fatta eccezione per quei casi in cui c’è la necessità di giungere in stretta vicinanza della commessura glottica anteriore e/o sono presenti aree di epitelio cordale leucoplasico, che devono essere asportate e sottoposte ad esame istologico; in tali casi, per evitare la formazione di sinechie commisurali o di cicatrici cordali, l’intervento va condotto in due tempi, a distanza di almeno tre mesi uno dall’altro . Anche in questo caso sono utili sia il riposo vocale che la terapia logopedica post-operatoria.
Il trattamento delle cicatrici cordali (nella maggior parte dei casi iatrogene) è uno dei problemi più difficili che il fonochirurgo si trova ad affrontare, o forse il più difficile, come ha affermato Isshiki (1989).
L’obiettivo principale da raggiungere è il ripristino di un epitelio cordale elastico e di uno strato superficiale della lamina propria che possa permettere lo scorrimento dell’epitelio cordale sugli strati intermedio e profondo della lamina propria (che costituiscono il legamento vocale).
Altro fattore determinante per la generazione dell’onda mucosa glottica è una fase di chiusura glottica completa durante la vibrazione fonatoria. La riduzione dell’insufficienza glottica può essere ottenuta sia mediante chirurgia della struttura laringea (tiroplastica) (Isshiki, 1980), sia mediante iniezioni o impianti intracordali, mentre il ripristino dello strato superficiale della lamina propria può essere ottenuto solo con tecniche fonochirurgiche endoscopiche.
A seconda della severità della lesione, lo scollamento dell’epitelio dal legamento vocale può essere ottenuto mediante diverse tecniche fonochirurgiche. Nei casi di lievi aderenze cicatriziali può essere sufficiente una iniezione di idrocortisone al di sotto dell’epitelio cordale, con un’idrodissezione dello spazio di Reinke. Tale procedura è identica a quella che viene impiegata nella vergeture superficiale. In caso di ipotrofia del muscolo vocale, come si verifica nella maggior parte dei casi di cicatrice cordale iatrogena, si associa una iniezione intracordale di grasso autologo o, in soggetti molto magri, di collagene.
Tale intervento può essere eseguito sia mediante micro-fonochirurgia in anestesia generale, sia mediante fonochirurgia fibroendoscopica in anestesia locale (Ricci Maccarini et Al, 2005).
Nei casi in cui l’idrodissezione non riesca ad ottenere lo scollamento dell’epitelio (cicatrici cordali di grado moderato), la “liberazione della mucosa” può essere ottenuta mediante la tecnica microchirurgica di Bouchayer (1992).
Tale tecnica è identica a quella che viene impiegata nel trattamento della vergeture profonda, precedentemente descritta (fig.19).
Se il legamento vocale è deiscente o assente, bisogna cercare di creare un maggiore strato di separazione tra epitelio e muscolo, mediante applicazione di colla di fibrina poco diluita (50%) nella tasca che si viene a realizzare dopo lo scollamento dell’epitelio dal muscolo vocale. I casi di cicatrice cordale severa sono solitamente conseguenti ad interventi di cordectomia di tipo III (transmuscolare) o IV (sottopericondrale) (Remacle et Al,2000), mentre la cordectomia di tipo I (subepiteliale) o II (subligamentosa) possono provocare cicatrici di grado lieve o moderato.
Nel tipo III (transmuscolare) può essere sufficiente la riduzione dell’insufficienza glottica mediante iniezione intracordale di materiali riassorbibili come il grasso autologo, il collagene o l’acido ialuronico, eseguibili anche in fibroendoscopia, o di materiali non riassorbibili come il polidimetilsilossano (Vox Implants). L’iniezione intracordale di grasso autologo può essere effettuata anche contestualmente alla cordectomia di tipo III; tale procedura garantisce il recupero immediato della competenza glottica e non interferisce con il follow-up oncologico, in quanto il grasso è radiotrasparente e aumenta solo le dimensioni dello spazio paraglottico. Nel tipo IV o V (tipo IV con resezione anche della falsa corda o altro tessuto laringeo) la riduzione dell’ampia insufficienza glottica può essere realizzata con tecniche esterne come la tiroplastica di tipo I con Gore-Tex (Zeitels et Al, 2000) o con tecniche endoscopiche, come l’iniezione di Vox Implants (Bergamini, et Al. 2005) o gli impianti endolaringei di cartilagine autologa, proposti da Glanz (Glanz, 2005). Il nostro protocollo di trattamento prevede in questi casi un iniziale approccio endoscopico mediante iniezione di collagene o di Vox Implants nella neocorda cicatriziale e l’iniezione di grasso nella corda controlaterale, eseguita in microlaringoscopia diretta. Nella neocorda non è possibile iniettare il grasso autologo poiché nel tessuto cicatriziale viene a mancare l’apporto vascolare indispensabile per la sopravvivenza degli adipociti . Nei casi in cui tale intervento non riesca a ridurre l’insufficienza glottica in modo soddisfacente, eseguiamo un intervento combinato di tiroplastica con impianto di Gore-Tex associato ad un’iniezione di grasso nella corda controlaterale in fibroendoscopia (Ricci Maccarini et Al, 2005). L’intervento viene eseguito in anestesia locale, in modo da avere un controllo diretto dell’entità della riduzione dell’insufficienza glottica mediante fibrolaringostroboscopia. Trattamento della monoplegia laringea mediante laringoplastica iniettiva
Nelle monoplegie laringeee la fonochirurgia viene proposta quando la terapia logopedica non riesce a migliorare sufficientemente la chiusura glottica durante la vibrazione fonatoria, mediante una iperadduzione della corda mobile controlaterale. Tale evenienza riguarda i casi in cui la corda si sia fissata (per paralisi ricorrenziale e/o per anchilosi dell’articolazione crico-aritenoidea) in una posizione laterale o intermedia. Nei casi di corda in posizione paramediana la terapia logopedica è quasi sempre in grado di risolvere il problema vocale; il problema della voce non sussiste nei rari casi di paralisi in posizione mediana. La scelta tra laringoplastica per via esterna e laringoplastica iniettiva per via endoscopica non dipende dalla posizione della corda fissa, ma dall’epoca di insorgenza della monoplegia laringea e dalle esigenze del paziente. La laringoplastica di medializzazione cordale per via esterna viene proposta a distanza di almeno un anno dalla comparsa della paralisi cordale (o nel caso in cui il nervo ricorrente sia stato sicuramente sezionato) e nei pazienti che desiderano un risultato stabile nel tempo. La medializzazione cordale mediante laringoplastica iniettiva può essere effettuata anche poco tempo dopo la comparsa della paralisi, se la terapia logopedica non riesce a ridurre sufficientemente la disfonia (e soprattutto la fatica fonatoria), in particolare nei professionisti della voce.
In questi casi per l’iniezione intracordale vengono utilizzati materiali riassorbibili costituiti dal grasso autologo o dal collagene (nei soggetti molto magri); in caso di ripresa della motilità della corda vocale, il materiale iniettato non crea problemi per la vibrazione glottica, migliorando al contrario l’ipotrofia del muscolo vocale che è sempre presente in questi casi. Per l’iniezione intracordale di grasso autologo (o di collagene) nella monoplegia laringea può essere utilizzata la tecnica fibroendoscopica o la tecnica microlaringoscopica. E’ preferibile impiegare la tecnica fibroendoscopica, poiché eseguita in anestesia locale (in day surgery) e permette il controllo intraoperatorio degli effetti della medializzazione cordale sulla chiusura glottica. La laringostroboscopia intraoperatoria può indicare la necessità di un’ulteriore iniezione nella stessa corda o anche nella corda controlaterale (se quest’ultima è ipotrofica). Il punto di iniezione principale è nel terzo posteriore della corda fissa, lateralmente al processo vocale dell’aritenoide, in modo che quest’ultimo ruoti medialmente e che il materiale si diffonda verso la parte antero-laterale della corda (fig.14, punto 1). Per ottenere un’efficace rotazione mediale del processo vocale, quest’ultimo viene spinto verso la linea mediana dall’ago endoscopico durante l’iniezione intracordale (sia in fibroendoscopia che in microlaringoscopia). Se permane un inarcamento della corda vocale, si esegue una seconda iniezione nel terzo medio, tra la corda e il pavimento del ventricolo laringeo (fig.23, punto 2). Tale punto di iniezione viene utilizzato anche nelle ipotrofie cordali, spesso associate a vergeture o a cicatrici (come descritto precedentemente).
Il grasso autologo e il collagene ( il più utilizzato è di origine bovina) si riassorbono in una percentuale che va dal 30 al 50%, per cui è necessario iniettare una quantità di materiale in eccesso (generalmente doppia) rispetto a quella richiesta per una medializzazione cordale completa.
Nei casi in cui si verifichi un riassorbimento eccessivo del grasso a distanza di alcuni mesi dall’iniezione, proponiamo una seconda iniezione di grasso (che solitamente risolve definitivamente il problema), l’iniezione di un materiale non riassorbibile (Vox Implants) o la laringoplastica per via esterna con protesi di Montgomery.
L’iniezione di un materiale non riassorbibile (così come la laringoplastica per via esterna), può essere effettuata a distanza di un anno dalla comparsa della paralisi. Il materiale per iniezione intracordale non riassorbibile che attualmente viene maggiormente utilizzato è il polidimetilsilossano (Vox Implants) (Bergamini et Al, 2005).
I vantaggi del suo utilizzo sono rappresentati dalla stabilità nel tempo dei risultati, dalla non necessità di ipercorrezione e dalla velocità di esecuzione. Gli svantaggi sono costituiti dalla necessità dell’anestesia generale (per una massima precisione dell’intervento e la prevenzione dell’eventuale caduta di materiale nelle vie aeree inferiori, garantita dal tubo cuffiato), dalla possibilità di irrigidimento della corda con riduzione dell’ondulazione della mucosa (se il materiale non è stato iniettato sufficientemente in profondità), dal rischio di dislocazione del materiale a distanza di tempo dall’iniezione, dalla possibilità (remota) di reazioni tardive da corpo estraneo e dal costo del materiale (sovrapponibile a quello di una protesi di Montgomery per laringoplastica di medializzazione).
L’iniezione del Vox Implants va effettuata nel terzo posteriore della corda, nella parte profonda del muscolo vocale, a ridosso della cartilagine tiroide.
Fonochirurgia della struttura laringea
Questa tecnica fonochirurgica comprende una serie di procedure che sono finalizzate a correggere la posizione e/o lo stato di tensione delle corde vocali senza intervenire direttamente sulle corde vocali stesse. Essa viene di norma eseguita in anestesia locale, permettendo il controllo intraoperatorio delle variazioni della voce e, mediante la fibrolaringostroboscopia, delle variazioni anatomo-funzionali della glottide.
Isshiki (1974) ideatore di questa branca della fonochirurgia, ha codificato quattro varianti della procedura, che denominò “tiroplastica”:
– Tiroplastica di tipo I: tiroplastica di medializzazione cordale
– Tiroplastica di tipo II: tiroplastica di lateralizzazione cordale
– Tiroplastica di tipo III: tiroplastica di detensione cordale
– Tiroplastica di tipo IV: tiroplastica di tensionamento cordale
Isshiki stesso inoltre propose il termine di chirurgia della struttura laringea volendo con ciò indicare l’intero gruppo di procedure fonochirurgiche in grado di determinare modificazioni della laringe con interventi diretti non solo sulla cartilagine tiroide ma anche sulla cricoide e sulle aritenoidi (Isshiki, 1980, 1989, 2000).
La chirurgia strutturale laringea ha avuto un grande sviluppo negli Stati Uniti ad opera soprattutto di Koufman (1986) e Tucker (1985) che hanno introdotto il termine di laringoplastica.
Il diffondersi di queste tecniche e l’introduzione di varianti, come ad esempio ad opera di Montgomery (1993,1997) e di Mahieu (1996,1997) ha portato alla comparsa di nuovi termini che in alcuni casi possono avere generato confusione. Allo scopo di riunire tutti gli interventi e tutte le denominazioni che si sono aggiunte nel tempo, Friedrich e Coll.(2001), hanno recentemente proposto una revisione della classificazione e della nomenclatura della chirurgia strutturale laringea per conto della Commissione Fonochirurgica della Società Europea di Laringologia. Anch’essi hanno mantenuto 4 categorie:
– Laringoplastica di approssimazione, per correggere una insufficienza glottica
– Laringoplastica di espansione, per correggere una iperadduzione cordale
– Laringoplastica di rilassamento, in caso di tensioni patologiche delle corde vocali o per voci con tonalità marcatamente acuta
– Laringoplastica di tensione, per correggere lassità patologiche delle corde vocali o tonalità vocali marcatamente basse.
La tiroplastica o “laringoplastica per via esterna” che viene più frequentemente eseguita è la laringoplastica di medializzazione cordale (tiroplastica di tipo I e trova indicazione nel trattamento della monoplegia laringea e negli esiti di cordectomia totale. L’altro tipo di laringoplastica che viene eseguito con una certa frequenza è l’approssimazione crico-tiroidea (tiroplastica di tipo IV), che trova indicazione soprattutto nella elevazione della tonalità della voce nei transessuali. Gli altri due tipi di tiroplastica non vengono praticamente mai eseguiti in Italia. Descriveremo quindi la laringoplastica di medializzazione cordale e l’approssimazione crico-tiroidea.
LARINGOPLASTICA DI MEDIALIZZAZIONE CORDALE
L’intervento consiste nel realizzare una finestra nello scudo tiroideo attraverso la quale possa essere introdotto un impianto di silicone, titanio o Gore-Tex, che medializza la corda vocale paralizzata. La tecnica originale di Isshiki (1980) prevede l’impianto di una protesi in silicone che viene intagliata dal chirurgo ed inserita in una finestra realizzata nella cartilagine tiroide (fig 15). La protesi è sagomata a cuneo, con una parte esterna che corrisponde alla finestra nella cartilagine ed una ala posteriore che medializza il processo vocale dell’aritenoide. Una volta inserita nella laringe, la protesi viene suturata alla cartilagine tiroide.
Nel 1993 Montgomery e Coll. hanno proposto un diverso tipo di impianto che, a differenza del silicone scolpito a mano, è in Sylastic già preformato e consente di accelerare i tempi e di ottimizzare i risultati.
A differenza della tecnica di Isshiki, la finestra cartilaginea viene asportata e il pericondrio interno viene inciso (fig. 16). Il chirurgo può scegliere tra 5 tipi di protesi (5 maschili e 5 femminili) che si differenziano per le dimensioni della parte interna atta a medializzare la corda, mentre la parte esterna che si inserisce nella finestra cartilaginea è standard:
Al posto dell’impianto in silicone può essere utilizzato un impianto preformato in titanio, come proposto da Friedrich (2001) o un impianto costituito da una striscia di Gore-Tex, usualmente impiegata in chirurgia vascolare (fig17). Questa tecnica, proposta da Zeitels (2000) è particolarmente indicata negli esiti di cordectomia totale, in cui la mucosa della neocorda è fragile e necessita una medializzazione graduale e delicata.
LARINGOPLASTICA DI TENSIONAMENTO CORDALE
L’intervento maggiormente eseguito è l’approssimazione crico-tiroidea secondo Isshiki (1980) che consiste nel suturare la cartilagine cricoide alla cartilagine tiroide, simulando una contrazione massima del muscolo crico-tiroideo che tende le corde vocali elevando la tonalità della voce (fig. 18)
Fonochirurgia fibroendoscopica
Questa tecnica fonochirurgica è stata proposta dal gruppo CELF di Santander (Spagna) (Diaz et Al, 1999) e sviluppata in Italia da De Rossi e Ricci Maccarini (2009). Come la laringoplastica per via esterna viene eseguita in anestesia locale, permettendo il controllo intraoperatorio dei risultati dell’intervento mediante la fibrolaringostroboscopia (De Rossi et Al, 2008). Viene utilizzato un fibroscopio operativo corto (23 cm.), all’interno del quale vengono inseriti strumenti endoscopici come pinze, forbici e aghi (fig. 19).
Le principali indicazioni della fonochirurgia fibroendoscopica sono:
– la laringoplastica e la faringoplastica iniettiva
– l’iniezione di tossina botulinica nelle corde vocali
– l’iniezione di cidofovir nella laringe
– l’asportazione di polipi cordali peduncolati
– l’asportazione di neoformazioni laringee con laser a diodi
– l’asportazione o la biopsia di lesioni laringee nei casi in cui la laringosospensione in anestesia generale è controindicata
La laringoplastica iniettiva in fibroendoscopia ha il vantaggio, nei confronti della procedura inmicrolaringoscopia, di permettere la valutazione intraoperatoria dei risultati sul piano anatomico ed acustico dell’aumento volumetrico della zona iniettata. Con questa tecnica tuttavia si possono iniettare solo materiali riassorbibili come il grasso, il collagene e l’acido ialuronico, mentre per l’iniezione di materiali non riassorbibili come il polidimetilsilossano (Vox Implants) è necessario impiegare la tecnica microlaringoscopica in anestesia generale, che garantisce una maggior precisione nell’iniezione (corde immobili e deglutizione assente) ed un facile recupero del materiale eventualmente fuoriuscito dalla sede di iniezione.La laringoplastica iniettiva con grasso autologo in fibroendoscopia (Borragan et Al., 2002; ricci Maccarini et Al. 2005) rappresenta per noi la procedura di prima scelta nel trattamento della monoplegia laringea e della ipotrofia cordale; i punti di iniezione sono identici a quelli utilizzati nella micro-fonochirurgia. Si utilizza un’ago endoscopico di 23 Gauge ed una pistola ad alta pressione (fig.20).
La faringoplastica iniettiva con grasso autologo in fibroendoscopia è per noi la procedura di prima scelta nel trattamento dell’insufficienza velo-faringea; i punti di iniezione sono la plica di Passavant nella parete posteriore della faringe a livello dello sfintere velo-faringeo e (raramente) la parete posteriore del palato molle.L’iniezione fibroendoscopica di tossina botulinica per il trattamento della disfonia spasmodica, ha il vantaggio, nei confronti della procedura per via trans-cutanea attraverso la membrana crico- tiroidea, di potere vedere esattamente il punto di iniezione nella corda vocale (di norma il terzo medio del muscolo vocale); viene impiegato un ago-elettrodo che permette l’effettuazione dell’elettromiografia laringea e l’iniezione di tossina botulinica.L’iniezione fibroendoscopica di cidofovir nella laringe per il trattamento e la prevenzione delle recidive di papillomatosi laringea, se effettuata in fibroendoscopia, permette di evitare un ulteriore ricorso all’anestesia generale. L’asportazione di polipi cordali in fibroendoscopia è una procedura relativamente semplice se la neoformazione cordale è peduncolata: si inietta mediante un ago endoscopico di 25 Gauge adrenalina diluita e lidocaina nella base di impianto della lesione, si seziona parzialmente il peduncolo e si asporta il polipo con le pinze endoscopiche. Per il trattamento di neoformazioni laringee con il laser a diodi ( papillomi, granulomi…) si utilizza una fibra ottica che viene inserita nel canale operativo del fibroscopio e messa in contatto con la lesione. Nei casi in cui la tecnica in laringosospensione è controindicata per motivi anatomici o di salute generale la tecnica fibroendoscopica può essere utilizzata sia per effettuare ampie biopsie di lesioni sospette (mediante forbici e pinze) sia per asportare lesioni che di norma rappresentano una indicazione elettiva per la micro-fonochirurgia, come i noduli e le cisti cordali. In questo caso è necessaria una notevole esperienza ed abilità da parte dell’operatore.
Tratta da: Da “Clinica della Voce, riconoscere e curare i disturbi della fonazione” Collana “Quadri”, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2009.TECNICHE DI FONOCHIRURGIA Andrea Ricci Maccarini*, Massimo Magnani*, Flavio Pieri*, Marco Stacchini*, Giovanni De Rossi**, Delfo Casolino**
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