Nei pazienti affetti da Malattia di Ménière che non rispondono adeguatamente alle terapie mediche è possibile avvalersi delle terapie iniettive intatimpanica ossia quella ablativa dove si utilizza la gentamicina e quella non ablativa dove si utilizza il cortisone.

Nel primo caso il farmaco utilizzato è appunto la gentamicina è un antibiotico aminoglicosidico avente una tossicità selettiva verso il labirinto e meno verso la coclea (organo dell’udito).

La procedura consiste nell’iniettare una determinata quantità di gentamicina solfato all’interno della cassa timpanica attraverso una puntura della membrana timpanica dopo averla opportunamente anestetizzata.
Tale metodica, indolore, ha lo scopo di rendere non più funzionante il labirinto patologico con la scomparsa delle crisi vertiginose.

Nel secondo caso, invece si utilizza un cortisonico in genere, metilprednisolone o desametasone,  che viene sempre iniettato all’interno della cassa timpanica. In questo caso, non vi è la distruzione del labirinto posteriore.

Il numero di iniezioni è variabile da persona a persona ma in genere sono sufficienti 3 – 4 a distanza tra loro con una certa variabilità a seconda del protocollo utilizzato.
Si ricorda che gli effetti terapeutici del trattamento sono sulle vertigini e non sempre sugli acufeni o sull’ovattamento auricolare che potrebbero talvolta anche migliorare. L’effetto collaterale indesiderato è  soprattutto per la gentamicina il peggioramento dell’ipoacusia monolaterale che il più delle volte non supera i 15 dB.

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Articolo pubblicato su Lancet (gentamicina e metilprednisolone)

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