La tuba di Eustachio è un canale virtuale che collega il rinofaringe all’orecchio medio. Ha una forma biconica di lunghezza che varia negli adulti tra 30 e 40 mm costituita da una parte interna ossea ed una parte esterna cartilaginea unite tra di loro da un istmo (Fig.1).
La parte interna, un terzo della lunghezza dell’intera tuba, si apre nel protimpano con un orifizio di forma ovale o triangolare. La porzione fibrocartilaginea, costituita da due lamine romboidali (mediale e laterale) ad alto contenuto di elastina, rappresenta i 2/3 dell’intera tuba. Essa si apre nel rinofaringe formando un’area valvolare lunga circa 0,5 cm dove le superfici mucose entrano in contatto l’una con l’altra (Fig. 2). L’apertura della valvola avviene grazie all’azione combinata dei muscoli tensore ed elevatore del velo palatino.
Il muscolo elevatore del velo palatino origina dall’apice della porzione petrosa dell’osso temporale e dalla porzione infero laterale della lamina mediale e con la sua contrazione innalza il palato molle chiudendo il rinofaringe e determinando una rotazione mediale del torus tubarico. Il muscolo tensore del palato origina dalla fossa scafoidea e dalla lamina mediale del processo pterigoideo e si inserisce sull’aponeurosi palatina. Presenta tre punti di ancoraggio (1) l’ hamulus pterigoideo, (2) il cuscinetto adiposo di Ostmann ed il bordo libero della lamina laterale e (3) il muscolo pterigoideo mediale. Con la contrazione del muscolo tensore del velo palatino il palato molle si tende e si alza chiudendo il rinofaringe in modo da consentire l’apertura della tuba.
La tuba di Eustachio svolge sull’orecchio medio 4 funzioni: (1) ventilazione ed equalizzazione della pressione (2) clearance delle secrezioni verso il rinofaringe (3) impedimento del reflusso di secrezioni dal rinofaringe 4) attenuazione delle pressioni sonore durante fonazione, respirazione, deglutizione.
L’apertura e chiusura della tuba avviene regolarmente grazie ai muscoli tensore ed elevatore del velo palatino in risposta a vari fattori come il cambiamento della pressione atmosferica, la deglutizione, la masticazione, lo sbadiglio il che consente l’attuazione delle predette funzioni.
Epidemiologia
I dati in letteratura riguardanti la prevalenza della disfunzione tubarica sono differenti a seconda del campione esaminato e dei risultati utilizzati e vanno dall’ 1% al 48,5%
Uno studio Statuinitense su un largo campione evidenzia una prevalenza della disfunzione tubarica ostruttiva nel 4,6% tra gli adulti con un aumento correlato all’età (8% negli over 65 con più di 2 milioni di visite annuali per disturbi tubarici e condizioni patologiche ad essi correlate. L’incidenza della tuba di Eustachio beante è di circa lo 0,3-6,6% della popolazione con una leggera prevalenza nel sesso femminile e negli adulti.
Eziopatogenesi
Due sono le condizioni patologiche che interessano la tuba di Eustachio: 1) Non adeguata apertura (disfunzione ostruttiva); 2) Incapacità di chiusura (tuba beante). Tali condizioni apparentemente separate tra di loro possono alternarsi nello stesso paziente per ragioni non ancora chiare e tale disfunzione può essere totale o parziale, transitoria o persistente, saltuaria o ricorrente.
La disfunzione tubarica ostruttiva, è sicuramente la condizione patologica più frequente che determina progressivamente una pressione negativa nell’orecchio medio con il conseguente versamento di liquidi in cassa timpanica. Alcuni soggetti hanno invece una disfunzione tubarica ostruttiva che si verifica solo durante cambi di pressione, come quando si viaggia in aereo o durante le immersioni subacquee. In questi casi si tratta di una disfunzione di minore entità con segni oggettivi spesso assenti durante la visita medica.
Diverse condizioni patologiche possono essere potenzialmente la causa o concausa di una disfunzione ostruttiva della tuba di Eustachio come l’allergia, il reflusso faringo-laringeo, la presenza di vegetazioni adenoidee, l’ iperplasia della tonsilla tubarica, tumori del rinofaringe, la rinosinusite cronica, le rinofaringiti etc. Inoltre, l’esposizione protratta nel tempo a polveri, agenti irritanti o il fumo di tabacco possono contribuire a tale disfunzione.
Cause meno comuni di disfuzione tubarica sono quelle muscolari in particolare dei muscoli elevatore e tensore del velo palatino che possono essere intrinsecamente ipotonici o malsviluppati, come nelle anomalie craniofacciali o nelle malattie neuromuscolari.
Nella tuba beante, invece, vi è un difetto concavo nella parete antero-laterale che ne impedisce la completa chiusura. Normalmente questa area appare convessa ed è composta da mucosa, sottomucosa, lamina cartilaginea laterale, cuscinetto adiposo di Ostmann e muscolo tensore del velo palatino. Tra le cause più frequernti di beanza tubarica vi sono la perdita di peso, malatie neuromuscolari e/o patologie infiammatorie reattive quali l’allergia o il reflusso faringo-laringeo.
Fisiopatologia clinica
Bisogna sospettare una disfunzione della tuba di Eustachio quando il paziente lamenta pienezza auricolare con o senza acufeni, otodinia persistente o ricorrente, autofonia, otiti medie ricorrenti (OME), perforazione non traumatica della membrana timpanica, insucciessi dopo chirurgia dell’orecchio medio.
E’ fondamentale esaminare la membrana timpanica (otoscopia statica) che può apparire retratta con eventuale versamento endotimpanico ed in tal modo possiamo sospettare la forma ostruttiva oppure può apparire atrofica con escursioni di movimento durante la respirazione nasale ipsilaterale ed in tal modo sospettare una forma beante. In quest’ultimo caso molti pazienti riferiscono un sollievo dai sintomi quando hanno una congestione nasale a causa di una infezione delle alte vie respiratorie, ovvero quando sono in posizione supina o ancora quando praticano inspirazioni forzate (sniffing). Nel sospetto di una disfunzione ostruttiva è corretto eseguire una otoscopia pneumatica o meglio ancora una timpanometria al fine di evidenziare i segni indiretti di una pressione negativa in orecchio medio. All’otoscopia dovrà seguire una rinofibroscopia con ottiche rigide anche angolari o flessibili al fine di mettere in risalto condizioni patologiche nasali (deviazione al setto, polipi, rinosinusite etc) o rinofaringee (adenoidi, tonsilla tubarica, tumori etc.) e valutare l’apertura e chiusura della tuba di Eustachio mediante la vocalizzazione, deglutizione, sbadiglio. Quando invece ci troviamo di fronte ad un paziente con ovattamento auricolare non associato ai cambi di pressione, in assenza di autofonia, e con membrana timpanica non retratta, allora bisogna sospettare altre cause quali la sindrome da terza finestra, disordini temporo-mandibolari, l’idrope endolinfatica, l’emicrania.
Esami strumentali
Esame endoscopico della tuba di Eustachio
Per una corretta valutazione endoscopica dinamica della tuba è essenziale l’utilizzo di ottiche endoscopiche rigide angolate (30° o 45 °) o allineando un rinofibrolaringoscopio flessibile con l’asse longitudinale del lume. Se necessario può essere utilizzato uno spray anestetico e/o un decongesionante nasale per rendere la procedura più confertovole e migliorando la visione. Utile è un sistema di videoregistrazione con la possibilità di rivedere l’esame in slow-motion per una attenta e chiara valutazione della dinamica di apertura e chiusura tubarica.
L’endoscopia dinamica della tuba prevede di valutare inizialmente l’azione isolata del muscolo elevatore del velo palatino chiedendo al paziente di vocalizzare il suono “Ka Ka Ka”. Ciò comporta l’elevazione del palato molle e l’elevazione e rotazione mediale del torus tubarico nonchè la medializzazione della parete antero-laterale faringea. Successivamente viene valutata l’azione combinata di entrambi i muscoli elevatore e tensore del velo palatino facendo deglutire o sbadigliare il paziente. In questo caso si possono osservare 4 fasi: 1) l’azione del muscolo elevatore del velo come riportato in precedenza 2) l’azione preparatoria all’ apertura valvolare con il rilassamento della parete faringea laterale mentre il velo palatino resta elevato e il torus tubarico resta ruotato medialmente 3) la contrazione del muscolo tensore del velo palatino che determina una concavità della parete antero-laterale faringea ed una dilatazione del lume progressiva in senso medio-laterale 4) rilassamento di entrambi i muscoli con chiusura del lume in senso latero-mediale (video 1).
Test di funzionalità tubarica
Attualmente i test di funzionalità tubarica si basano nel variare la pressione (positiva o negativa) al condotto uditivo esterno o al rinofaringe e si dividono in test praticati a timpano chiuso o aperto. Quelli maggiormente utilizzati con impedenzometria sono i seguenti:
a) a timpano aperto:
– Test di risposta forzata: una pressione crescente viene applicata tramite una pompa posizionata nel condotto uditivo fin quando la tuba non si apre. Il manometro dello strumento legge la caduta di pressione (pressione di apertura) al momento dell’apertura della tuba.
– Test di gonfiaggio-sgonfiaggio: in una prima fase il test è identico al precedente. Successivamente si eseguono cinque atti deglutitori con un intervallo di dieci secondi tra di loro (funzione tubarica attiva) registrando quindi la pressione residua. Dopodiche si applica una pressione negativa di -200 mmHg e si chiede al paziente di deglutire nuovamente per 5 volte registrando la pressione rimanente. Si considera tuba normofunzionante quando non c’è pressione residua sia durante il gonfiaggio che durante lo sgonfiaggio.
b) a timpano chiuso:
– Tubomanometria: la tubomanometria misura la variazione di pressione a livello del condotto uditivo esterno durante l’atto deglutitorio del paziente, mentre viene applicata una graduale pressione positiva in rinofaringe attraverso una sonda nasale. Il paziente deglutirà a bocca chiusa e naso sigillato dalla sonda. Ogni test viene eseguito mentre la tubomanometria è impostata a livelli di 30, 40 e 50 millibar (300, 400 o 500 daPa), per valutare la soglia per l’apertura della tuba.
– Sonotubometria: questo è un test in cui una una sorgente sonora costante viene erogata attraverso una sonda posizionata in narice mentre un microfono posto nel condotto uditivo esterno registra la pressione sonora trasmessa e alternata attraverso la tuba di Eustachio e l’orecchio medio. Il paziente esegue una manovra specifica (deglutizione, sbadiglio, Valsalva) ed in condizioni di normale apertura della tuba si registrerà un aumento significativo del livello sonoro nel condotto uditivo esterno.
– Test di Williams: In primis si ottiene un tracciato timpanometrico nel modo consueto una volta che il paziente ha eseguito uno o due atti deglutitori a vuoto mentre il misuratore di pressione dell’aria è impostato a 0 mm H2O. Successivamente si aumenta la pressione dell’aria fino a un valore positivo di + 400 mm H20 e si fa deglutire il paziente più volte. Quindi si esegue un nuovo tracciato timpanometrico alla pressione dell’aria positiva per osservare eventuali spostamenti del picco pressorio rispetto a quello base. Si riduce la pressione dell’aria al punto di picco di base e si chiede al paziente di deglutire per equalizzare la pressione. Quindi si riduce la pressione dell’aria ad un valore negativo di – 400 mm H20 e si chiede nuovamente al paziente di deglutire. Si effettua infine un’ altro tracciato timpanometrico per osservare eventuali spostamenti del picco pressorio. In caso di disfunzione tubarica ostruttiva non ci saranno variazioni significative del picco pressorio durante l’esame. Di seguito un esempio di cartella clinica che può essere adottata per la valutazione della funzione tubarica (Fig.3).
Terapia e follow-up
La terapia sarà differente a seconda se si tratta di una disfunzione della tuba di Eustachio di tipo ostruttivo o da beanza.
Disfunzione ostruttiva
Nella forma ostruttiva spesso la causa è da ricondurre ad una condizione infiammatoria su base allergica e/o da reflusso faringo-laringeo. Per tale motivo in questi pazienti è necessario un trattamento farmacologico prolungato per via locale intranasale e talvolta per via sistemica. Quando invcece vie è una ostruzione meccanica dell’ostio tubarico come per una ipertrofia adenoide o l’iperplasia della tonsilla tubarica si rende necessario un intervento di rimozione chirurgica del tessuto ipertrofico. Quando è presente un versamento endotimpanico talvolta bisogna procedere ad una timpanocentesi con o senza apposizione di tubo di ventilazione come accade nel caso del glue ear.
Negli ultimi anni è stato proposto un trattamento di dilatazione della porzione cartilaginea della tuba di Eustachio mediante un palloncino gonfiato a pressione di 10 ATM efficace nel dilatare il lume in sicurezza senza complicanze. Tale tecnica prevede l’utilizzo di un catetere guida che contiene il palloncino introdotto attraverso la fossa nasale sotto guida endoscopica. Una volta raggiunto il rinofaringe il catetere opportunamente angolato viene inserito nel lume tubarico ed il palloncino viene gradualmente estratto dal catetere guida. Il diametro del palloncino è tale da non poter superare l’istmo che presenta un diametro minore. Si procede quindi al suo gonfiaggio con soluzione salina ad una pressione di circa 10 atmosfere e lasciato in sede per 2 minuti. Successivamente, il palloncino viene quindi sgonfiato, ritirato nel catetere guida ed esttratto dalla fossa nasale. Nel seguente video viene mostrata la preparazione in sala operatoria del dispositivo di gonfiaggio e la tecnica di dilatazione tubarica mediante palloncino (video 2).
Diversi studi hanno riportato risultati statisticamente significativi per quanto riguarda il miglioramento dei sintomi, il quadro otoscopico, la curva timpanometrica seppur presentando diversi bias che ad oggi non consentono di standardizzare la metodica. Ad ogni modo nel 2019 l’American Accademy of Otolaryngology and head and neck surgery ha stabilito che dopo aver esluso altre cause di ovattamento auricolare, le indicazioni alla dilatazione tubarica mediante balloon della disfunzione tubarica ostruttiva sono le seguenti:
– pressione negativa in orecchio medio (Timpanogramma C) ovvero timpanogramma B
– e/o sintomi uditivi nei cambi di pressione
Il meccanismo d’azione alla base della dilatazione tubarica non è ancora del tutto chiaro in quanto sarebbe insufficiente la mera dilatazione di un sistema elastico che ritornernerebbe nella stessa posizione dopo la procedura. In uno studio del 2014 sono state eseguite biopsie tissutali nell’area dilatata prima e dopo la procedura osservando immediatamente dopo la dilatazione una alterazione dell’epitelio colonnare con perdita delle ciglia e a livello sottomucoso uno schiacciamento dei follicoli linfoidi con un notevole infiltrato infiammatorio. A distanza di 5 settimane dalla dilatazione vi era un ripristino dell’epitelio colonnare mentre il tessuto linfoide sottomocoso risultava sostituito da tessuto cicatriziale.
Tuba beante
La terapia per la tuba beante si basa inizialmente nel modificare lo stile di vita e comportamentale riducendo l’introito di caffeina, l’utilizzo di steroidi e decongestionanti nasali, aumentando l’idratazione anche per via locale con l’utilizzo di gocce di soluzione fisiologia. Sono inoltre utili soluzioni che irritano la mucosa tubarica come la soluzione salina ipertonica o preparati a base di acido ascorbico le cui gocce vengono instillate in fossa nasale posizionando il paziente in Dix-Hallpike in modo da indurre edema della mucosa ed allieviare temporaneamente il fastidio. Purtroppo solo una minoranza dei pazienti trova giovamento con questi accorgimenti. In tal caso si possono prendere in considerazione interventi chirurgici come l’apposizione di tubo di ventilazione che determina un miglioramento in circa il 50% dei pazienti, una timpanoplastica tipo 1 con rinforzo di cartilagine della membrana timpanica atrofica, il riempimento dell’area di minus con filler riassorbibili come l’acido ialuronico o l’idrossiapatite di calcio o il grasso autologo o mediante iniezione di tossina botulinica nei muscoli tensore ed elevatore del velo palatino (Olthoff 2007). Sono stati inoltre proposti vari interventi chirurgici sul muscolo tensore del velo palatino o ricostruzione del difetto concavo mediante l’utilizzo di cartilagine autologia o impianto di matrice dermica acellulare.