Vertigine pediatrica

Corso vertigine pediatrica

Vertigine pediatrica

Qui di seguito vi propongo il corso sulla vertigine pediatrica che ho tenuto insieme al prof. Cassandro e al dott. Chiarella al congresso nazionale della Società Italiana di Otorinolaringoiatria (SIO) nel maggio del 2016.

Il corso in esame, della durata di circa 1 ora, ha lo scopo di illustrare gli aspetti epidemiologici, diagnostici, terapeutici di una problematica alquanto rilevante come la vertigine pediatrica.

Per approfondire l’argomento sulle vertigini clicca su vertigini e disturbi dell’equilibrio.

Prospero Meniere che ha scoperto la sua sindrome

Sindrome di Meniere

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Che cosa è la Sindrome di Meniere?

La Sindrome di Meniere (si pronuncia menier) è un termine usato nel linguaggio comune come sinonimo di Malattia di Meniere. Esiste in realtà una differenza tra i due termini ossia nel primo caso la sintomatologia tipica del paziente menierico trova una causa specifica mentre nel secondo caso non trova una causa (idiopatica). Per semplificare le cose useremo solo il termine Sindrome di Meniere .

Chi ha scoperto la Sindrome di Meniere?

La Sindrome di Meniere fu scoperta da un medico francese, Prospero Meniere nel lontano 1861. Egli descrisse per primo i sintomi tipici della Meniere quali ipoacusia, acufeni, vertigini, ovattamento auricolare (i pazienti lo descrivono come orecchio tappato). Successivamente, dopo più di 60 anni, grazie a scienziati come Guild e Portmann, venne ipotizzata la presenza di un’aumento della pressione dei liquidi labirintici (idrope) e successivamente nel 1938, grazie agli studi di Hallpike e di Yamakawa venne accertata, grazie a studi istologici su ossa temporali di cadavere, la correlazione tra idrope e Sindrome di Meniere.

Classificazione della Sindrome di Meniere

Nel 1995 l’American Academy of Otolaryngology-Head & Neck Surgery ha stabilito dei criteri per consentire una diagnosi precisa:

 MdM

certa

Confermata da esame istopatologica post-mortem

definita

2 episodi o più di vertigini di durata non inferiore a 20 minuti, ipoacusia documentata da un esame dell’udito in almeno 1 occasione, acufeni e sensazione di pienezza auricolare

probabile

1 episodio certo di vertigine
ipoacusia documentata da un esame audiometrico in almeno 1 occasione, acufeni o sensazione di pienezza auricolare

possibile

vertigini ricorrenti senza ipoacusia neurosensoriale documentata, fluttuante o stabile, con alterazione dell’equilibrio ma senza episodi tipici

 Epidemiologia della Sindrome di Meniere

I dati della letteratura a proposito della sindrome di Meniere sono sicuramente variabili sia per quanto riguarda la prevalenza sia per l’incidenza. Si ammalano ugualmente uomini e donne senza sostanziali differenze e l’età tipica di insorgenza  è tra i 40 e i 60 anni. La Sindrome di Meniere può presentarsi ad un solo orecchio o raramente in entrambi (Sindrome di Meniere bilaterale).

 

Quadro Istopatologico

Istologia della sindrome di Meniere

L’immagine descrive il quadro istopatologico dell’orecchio affetto da sindrome di meniere

Nei pazienti affetti da Sindrome di Meniere, il quadro istopatologico è rappresentato dall’ idrope endolinfatica ossia l’aumento della pressione dei liquidi presenti nel labirinto (endolinfa). La presenza di idrope comporta un sovvertimento delle strutture dell’orecchio interno come per esempio la membrana di Reissner, la quale rompendosi permette ai liquidi endolinfa e perilinfa di venire in contatto determinando in tal modo una modificazione dell’assetto ionico. Altre modificazioni ultrastrutturali avvengono nei canali semicircolari con distacco della cupola dalla sua sede di attacco o a livello dell’otricolo con erniazione dello stesso all’interno del tratto che unisce i canali semicircolari superiore e posteriore (crus comune). Negli stadi avanzati della Sindrome di Meniere capita spesso di trovare un quadro istopatologico di atrofia dell’epitelio sensoriale dell’organo di Corti, nonché atrofia degli elementi sensoriali delle strutture vestibolari e delle fibre nervose.

Meccanismi fisiopatologici

Allo stato attuale (2016) i meccanismi fisiopatologici che sono alla base della Sindrome di Meniere non sono del tutto chiariti. Il modello fisiopatologico al quale  noi tutti ci siamo ispirati è stato quello descritto da Guild nel 1927 (modello del flusso longitudinale) in cui un’ostruzione del dotto o del sacco endolinfatico comporterebbe l’aumento della pressione dell’endolinfa (idrope) con successiva rottura della membrana di Reissner ed unione di perilinfa ed endolinfa e quindi intossicazione da potassio da parte della perilinfa. L’intossicazione suddetta determinerebbe la paralisi delle cellule cicliate e quindi la sintomatologia tipica della Sindrome di Meniere. Di recente, grazie a Salt e Plontke (2010), un nuovo meccanismo fisiopatologico è stato descritto (modello del flusso radiale) in cui sarebbe una anomalia del trasporto ionico la causa dell’aumento della pressione endolinfatica.

 

Quali sono i sintomi della Sindrome di Meniere

La sintomatologia classica è rappresentata da vertigini ricorrenti a carattere rotatorio (descritte dal paziente come giramenti di testa) la cui durata è variabile (circa dai 20 minuti fino a qualche ora), associate ad ipoacusia neurosensoriale, ovattamento auricolare (fullness), acufeni. L’ipoacusia neurosensoriale, soprattutto negli stadi iniziali della Sindrome di Meniere, ha carattere fluttuante, ossia si alternano fasi di miglioramento e peggioramento dell’udito. Il più delle volte, la sintomatologia audiologica (ipoacusia, ovattamento, acufeni) precede la crisi vertiginosa. Ricordiamo, però, che a questa classica sintomatologia, può affiancarsene una  più sfumata (per esempio con vertigini soggettive), o modalità di insorgenza dei sintomi differente (come per esempio nell’ idrope cocleare). Altri sintomi che possono essere presenti nel paziente menierico sono l’iperacusia (fastidio ai rumori), l’autofonia (sentire il rimbombo della propria voce), diplacusia (avvertire due sensazioni sonore al posto di una). Seppure non è scientificamente dimostrato, i fattori scatenanti l’episodio acuto vertiginoso nei pazienti menierici, sembrerebbero tanti come lo stress, privazione di sonno, dieta non equilibrata, variazioni ormonali, cambiamenti climatici). Infatti, Rauch nel 2010, ha coniato il termine di “orecchio fragile” riferendosi all’orecchio del paziente affetto da Meniere.

Esistono delle varianti della Sindrome di Meniere?

Si! Una delle varianti è quella descritta da Lermoyez, in cui le crisi vertiginose si presentano con il recupero dell’ipoacusia e la scomparsa dell’acufene. Un’altra variante è la crisi otolitica di Tumarkin, presente tipicamente negli stadi avanzati, in cui il paziente menierico, improvvisamente, perde il tono posturare con conseguente caduta a terra, ma senza perdita di coscienza. La causa della crisi di Tumarkin sarebbe riconducibile ad una improvvisa alterazione delle strutture di otricolo e sacculo (organi otolitici) per una intensa variazione della pressione endolinfatica.

Altra variante è l’idrope endolinfatica ritardata, ossia l’insorgenza degli episodi vertiginosi, a patogenesi idropica, in pazienti affetti da grave ipoacusia neurosensoriale. In questa variante le vertigini si presentano a distanza di anni dall’ipoacusia.

Indagini strumentali

Innanzitutto è giusto ricordare che la diagnosi di Sindrome di Meniere è soprattutto clinica, ossia caratterizzata dalla classica triade sintomatologica uditiva (ipoacusia, acufeni, ovattamento) associata alle classiche vertigini oggettive, rotatorie. Esistono però esami strumentali da effettuare nel paziente con sospetta Sindrome di Meniere per confermare il quadro clinico o per escludere altre patologie. Inoltre, gli esami di cui parleremo a breve possono essere utili per monitorare la terapia in modo da renderla il più specifica possibile.

Esame audiometrico tonaleNei pazienti menierici, a seconda delle diverse fasi evolutive della malattia, possiamo avere differenti curve audiometriche. Nello stadio iniziale, l’ipoacusia è tipicamente sulle frequenze gravi, fluttuante, senza compromissione delle frequenze acute (curva audiometrica in salita). Successivamente, l’ipoacusia inizia anche alle frequenze acute, con relativa conservazione delle frequenze medie (curva a V rovesciata). Negli stadi più avanzati, è possibile avere un ipoacusia che interessa tutte le frequenze (ipoacusia pantonale) di varia entità, grave o profonda. Bisogna comunque dire, che difficilmente, un paziente menierico presenterà una sordità completa.

Esame impedenzometricoLe curve timpanometriche risultano nella norma (tipo A), con riflessi stapediali tipici di una patologia cocleare (test di Metz positivo).

Esame vestibolare nel paziente con Sindrome di Meniere

Esame vestibolare in videooculoscopia

Esame vestibolare: Il risultato della valutazione “bed-side”, ossia sul lettino con l’ausilio della videooculoscopia, è differente a seconda della fase in cui si trova il paziente menierico. Infatti, nella fase iniziale, il nistagmo è diretto verso il lato patologico (nistagmo irritativo) ed ha una durata di pochi minuti. Successivamente, viene sostituito da un nistagmo diretto verso il lato sano (nistagmo deficitario). Alla fine della crisi vertiginosa, compare tipicamente un nistagmo diretto nuovamente verso il lato malato (nistagmo da recupero).

Potenziali evocati miogenici cervicali (cVemp’s): I pattern di risposta possono essere variabili, spesso i cVemps sono assenti o di ampiezza ridotta o le latenze aumentate. Un reperto più indicativo può essere la cosiddetta “tuning-shift”, ossia una variazione di quella che è la migliore frequenza di stimolo per evocare un Vemp’s dai 500 Hz (soggetti sani) ai 1000 Hz (soggetti menierici).

Risonanza magnetica nucleare (RMN): La diagnostica per immagini in questo caso può esserci utile per escludere altre cause di vertigini come il neurinoma del nervo acustico (VIII) o patologie del sistema nervoso centrale. Recentemente, è stato possibile, grazie ad una RMN a 3 tesla di dimostrare la presenza di idrope endolinfatica somministrando 24 ore prima il mezzo di contrasto (gadolinio) intratimpanico.

Diagnosi differenziale

Di fondamentale importanza escludere altre cause che potrebbero generare vertigini e/o disturbi dell’udito (ipoacusia, acufeni, ovattamento). La Sindrome di Meniere, quindi va in diagnosi differenziale con la vertigine emicranica, la labirintite o neurite vestibolare, la vertigine parossistica posizionale (otoliti). Cause meno comuni, che possono simulare una sintomatologia menierica, sono l’otosclerosi, le fistole labirintiche, il neurinoma del nervo acustico. Contrariamente a quanto si possa pensare, un processo infiammatorio che interessa l’orecchio esterno o medio (otite) non può generare vertigini tranne in caso di gravi complicanze.

Terapia dietetica

Il paziente menierico necessita di una dieta iperidrica (> 2-2,5 lt di acqua die) ed iposodica (cercando di non superare i 2-3 gr di sodio die). Da evitare soprattutto le brusche assunzioni di alimenti ricchi di sodio che potrebbero innescare i meccanismi che sono alla base della crisi vertiginosa menierica.

Terapia farmacologica

Per quanto riguarda la terapia farmacologica della Sindrome di Meniere bisogna innanzitutto dire che non esiste un’unica terapia universalmente accettata dal mondo scientifico. Infatti, spesso il paziente menierico, entra in confusione in quanto i diversi specialisti ai quali si è rivolto, prescrivono terapie farmacologiche differenti tra loro. Malgrado ciò, è indispensabile iniziare un trattamento medico che abbia un razionale e possa essere personalizzato. A tal proposito possiamo distinguere 2 tipologie di trattamento per la Sindrome di Meniere: la prima è quella utilizzata nella fase acuta ossia quando iniziano le vertigini associate o meno a sintomi neurovegetativi (nausea, vomito, sudorazione etc.), la seconda, quella utilizzata nella fase intercritica, ossia quando il paziente è in uno stato di benessere.

In fase acuta si utilizzano prevalentemente farmaci vestibolosoppressori ed antiemetici come per esempio la tietipirazina, la levosulpiride, oppure ansiolitici come il diazepam  in modo da sfruttare le proprietà sedative del farmaco.

In fase intercritica si utilizzano farmaci che possono ridurre la pressione  dell’endolinfa come i diuretici (idroclorotiazide, acetazolamide) e farmaci vasoattivi come la betaistina. Un’altra categoria di farmaci usati in fase intercritica sono i corticosteroidei il cui razionale è da ricondurre ad un eventuale meniere su base autoimmune.

 

Terapia chirurgica

Iniezione intratimpanica di gentamicina nella sindrome di meniere

Ecco come viene praticata l’iniezione intratimpanica di gentamicina

Tra le terapie chirurgiche esistono terapie conservative come l’ iniezione intratimpanica di corticostroidei o la chirurgia del sacco endolinfatico. Tra quelle ablative esiste l’iniezione di gentamicina intratimpanica, la neurectomia vestibolare, la labirintectomia. Si specifica che le terapie chirurgiche vengono prese in considerazione solamente quando non si ha un buon controllo dei sintomi con le terapie farmacologiche.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

7° Simposio Internazionale sulla Malattia di Ménière

 

 

 

Si è IMG_1933appena concluso il 7° Simposio Internazionale sulla Malattia di Ménière tenutosi a Roma dal 17 al 20 ottobre 2015. Ho avuto il piacere e l’onore di essere presente durante queste giornate confrontando i diversi approcci utilizzati dagli esperti del settore.

 

 

 

 

 

Tante novità come tante le conferme diagnostiche e terapeutiche. Ho avuto, inoltre, l’onore di conoscere e relazionarmi con uno dei maggiori scienziati il prof. Paparella al quale si devono le numerose scoperte sulla Malattia di Ménière sia sul campo anatomo-fisiologico sia su quello fisiopatologico.

 

 

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cervicale e vertigini

Cervicale e vertigini

La cervicale e le vertigini sono correlate?

Vediamo nel dettaglio…

La comune artrosi cervicale o le anomale curvature della stessa non possono in alcun modo generare vertigini intendendo queste ultime come l’illusione di movimento.

Quali sintomi può portare la “cervicale”

Una alterazione al tratto cervicale può determinare un disequilibrio che gli anglosassoni chiamano “dizziness” accompagnato spesso da dolore al collo e da mal di testa. Il sintomo peggiora durante i movimenti della testa e dopo aver mantenuto una posizione della testa nello stesso modo per tanto tempo.

La vertigine correlata alla cervicale è una condizione rara

Il paziente affetto da vertigini attribuisce spesso il suo sintomo ad una alterazione a carico del tratto cervicale per vari motivi tra cui:

1) “il passaparola” rappresenta sicuramente uno dei motivi principali che porta il paziente a riflettere sulle cause delle sue vertigini e quindi innesca una serie di accorgimenti errati quali effettuare esami diagnostici impropri (RX o RMN del tratto cervicale, visita ortopedica/fisiatrica, terapie manuali etc.).

2) la diffusione di internet con i suoi motori di ricerca ed i “social media” che se da un lato offrono strumenti di ricerca vasti dall’altro comportano errori di valutazione per i non addetti ai lavori. E’ infatti facile trovarsi di fronte a pazienti che soffrono di vertigini che si presentano a visita dicendo: “dottore io so che le vertigini sono dovute alla mia cervicale..l’ho letto su internet..c’è scritto ovunque!”

3) il medico curante che talvolta disorienta il paziente iniziando un iter diagnostico-terapeutico non corretto con la prescrizione di esami superflui trascurando o ignorando gli esami appropriati (esame della funzione vestibolare).

Quali esami da effettuare

Ogni qual volta ci troviamo di fronte ad un paziente che soffre di vertigini o disequilibrio è necessario effettuare i seguenti esami:

Esame vestibolare mediante videooculoscopia

Esame audiometrico

Esame impedenzometrico

Utili inoltre, l’esame stabilometrico statico con le varie inclinazioni del capo.

Riassumendo..

Attualmente non esistono esami specifici per diagnosticare un “dizziness” dovuto ad un problema del tratto cervicale. La diagnosi è di esclusione ed è più comune nei pazienti che hanno avuto un colpa di frusta o un trauma al tratto cervicale.

 

 

Per saperne di più clicca qui

Altri link utili:

 

 

 

Esame vestibolare nel paziente con Sindrome di Meniere

Le vertigini: conoscerle e curarle

Per vertigine si intende una erronea percezione di movimento dell’ambiente attorno a noi (vertigine oggettiva) o di noi stessi nell’ambiente (vertigine soggettiva).

La forma oggettiva rappresenta la vertigine vera e propria. Tale sintomo, essendo solitamente improvviso, di notevole intensità, e poiché altera i normali rapporti spaziali del soggetto, è solitamente associato ad uno stato di grande spavento e di vera e propria ansia.

Nella genesi dello stato di ansia non è di poca importanza il fatto che il soggetto non è in grado di identificare la sede della sua malattia e si sente impotente di fronte all’immobilità cui è costretto durante la crisi. Accanto alla vertigine spesso si associano turbe neurovegetative, quali nausea, vomito, sudorazione, tachicardia, che oltre ad essere estremamente fastidiosi sono particolarmente debilitanti. La forma soggettiva si caratterizza per una sintomatologia meno intensa ma di durata maggiore.

Le cause sono svariate ma qui di seguito verranno riportate le più frequenti:

La forma più comune di vertigine oggettiva è la “vertigine parossistica posizionale” caratterizzata da attacchi di vertigine violenta della durata di alcuni secondi accompagnata da nausea,sudorazione e a volte vomito.

Sono appunto chiamate posizionali in quanto tali vertigini si scatenano quando ci si gira nel letto da un fianco all’altro, o quando si passa dalla posizione supina alla posizione eretta o quando si estende il capo come per prendere un oggetto posto su un ripiano in alto o ancora ci si china come per allacciarsi una scarpa. La causa risiede nel distacco di piccolissimi cristallini chiamati “otoliti” all’interno del labirinto (organo dell’equilibrio presente nell’orecchio). Una volta fatta la diagnosi si effettuano manovre specifiche allo scopo di riposizionare i cristallini con la scomparsa definitiva delle vertigini.

Un’ altra causa molto frequente di vertigine oggettiva è la “neurite o neuronite vestibolare” ossia una infiammazione a carico del nervo vestibolare o parte di esso caratterizzata da vertigine intensa della durata di 1-2 giorni spesso accompagnata da vomito. Il paziente in questo caso è costretto a restare a letto immobile in quanto qualsiasi movimento peggiora la sua sintomatologia. La terapia si basa inizialmente nel somministrare farmaci sedativi, antiemetici e cortisonici e successivamente si prescrivono esercizi di rieducazione vestibolare.

Altra causa di vertigine questa volta accompagnata da abbassamento dell’udito (ipoacusia), fischi o ronzii all’orecchio (acufeni) e pienezza auricolare è la “malattia di Ménière” in cui vi è un’ aumento della pressione dei liquidi labirintici in particolare dell’endolinfa. Anche in questo caso il trattamento prevede la somministrazione di farmaci sedativi, antiemetici e diuretici oltre ad una dieta iposodica e iperidrica (molta acqua oligominerale e poco sale).

Purtroppo le poche conoscenze a riguardo di questo frequentissimo disturbo qual è la vertigine portano ad allungare i tempi diagnostici e quindi terapeutici. E’ quasi la norma vedere pazienti in ambulatorio che hanno effettuato molteplici esami radiologici (risonanze, TAC, radiografie cervicale, doppler TSA etc.) e visite specialistiche (ortopediche,neurologiche,otorinolaringoiatriche etc.) senza aver mai praticato quello che è l’esame cardine ossia “l’esame vestibolare”.

Esso consiste nello studio dei movimenti oculari sia volontari (movimenti di inseguimento lento e rapidi) che involontari (nistagmo) facendo indossare al paziente degli occhiali particolari (occhiali di Frenzel) o con un sistema più sofisticato di video-oculoscopia all’infrarosso. L’esame viene effettuato su un lettino facendo assumere al paziente varie posizioni. Questo esame viene praticato dal vestibologo ossia un medico specialista in otorinolaringoiatria o audiologia che si occupa in particolare dei disturbi vertiginosi il quale effettua a completamento della diagnosi un esame audiometrico, esame impedenzometrico, esame neuro-posturale oltre a prescrivere se necessario indagini radiologiche.

Quindi a tutti voi che soffrite di vertigini non perdete tempo a fare esami inutili prolungando la vostra sofferenza ma rivolgetevi alla figura professionale che si occuperà di voi: il vestibologo.

Dott. Alfonso Scarpa – Otorinolaringoiatra

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